Di Maddalena Celano
Negli ultimi anni l’America Latina è tornata al centro di una competizione geopolitica globale. Dopo la prima ondata progressista (“pink tide”) del XXI secolo, la destra neoliberista — con il supporto di interessi finanziari e l’interferenza esterna — ha attuato una strategia di destabilizzazione sistemica, usando lawfare, sanzioni, guerra economica e campagne mediatiche. Nonostante questo, un nucleo di governi e movimenti progressisti continua a resistere, organizzandosi in un’alleanza strategica che fa riferimento a ALBA e BRICS. In questo articolo sostengo che non siamo di fronte a un’inevitabile sconfitta delle sinistre latinoamericane, bensì a una fase di assedio strutturale e di ridefinizione multipolare, in cui la sopravvivenza e la capacità di trasformazione dipendono da ripartizione di ordini economici, monetari e geopolitici.
Attraverso analisi geopolitica, economica e istituzionale, mostro che la resilienza c’è, che le fondamenta per una strategia autonoma sono presenti, ma che la battaglia è lunga e complessa: la resa non è un dato, la resistenza (e in alcuni casi la vittoria) è possibile — a patto di una nuova soggettività politica continentale.
1. Contesto: il ritorno dell’America Latina come arena geopolitica globalizzata
Dopo due decenni nei quali il modello neoliberista era stato presentato come l’unica opzione “libera” e “moderna”, all’inizio degli anni 2000 emerse la cosiddetta “onda rosa” (pink tide), che portò al governo esperienze come quelle del Venezuela chavista, della Bolivia plurinazionale, dell’Ecuador progressista, del Brasile con governi popolari, di Cuba, Nicaragua, e molti altri.
Ma quella stagione fu interrotta da una serie di contraccolpi: crisi economiche, pressione dei mercati, lawfare, golpes, campagne mediatiche, sanzioni, interferenze esterne. Questi fattori non furono — e non sono — accidentali: fanno parte di una strategia coordinata per bloccare le esperienze socialiste e trasformative, proteggendo l’ordine neoliberista e l’egemonia statunitense.
Oggi, però, le condizioni globali sono diverse: la crisi dell’unipolarismo, la rivalità crescente tra grandi potenze, la crisi sistemica del capitalismo globale spingono verso un nuovo assetto multipolare. L’America Latina — ricca di risorse naturali, con popolazioni in gran parte giovani e con un forte potenziale politico — torna ad avere un ruolo fondamentale in questo conflitto globale.
In questo contesto la sfida non è più semplicemente “governare in pace”: è gestire un assedio strutturale, economico, politico e mediatico.
2. Una strategia di resistenza: ALBA + BRICS come architrave del blocco emergente
2.1 ALBA: la tradizione integrale del Sud sovrano
L’alleanza ALBA–TCP (Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra América) rappresenta, sin dalla sua nascita, un modello alternativo di cooperazione regionale fondato su principî di solidarietà, sovranità, giustizia sociale, integrazione latino-caraibica.
Non si tratta soltanto di un’alleanza ideologica o simbolica: durante i governi progressisti ALBA ha promosso politiche di scambio solidale, sostegno reciproco, progetti sociali condivisi, cooperazione energetica e culturale, bypassando le logiche neoliberiste e le istituzioni dominate dall’Occidente (FMI, BM, etc.).
Oggi più che mai ALBA rappresenta il cuore potenziale di un blocco sudamericano che rivendica autonomia, diritti sociali, radicamento popolare — una soggettività collettiva che si oppone all’imperialismo e all’oligarchia.
2.2 BRICS & la crisi del sistema-dollaro
Parallelamente, il gruppo BRICS (oggi in espansione verso nuovi membri) offre un’alternativa concreta al dominio finanziario occidentale: Creazione di nuove vie di credito, cooperazione in infrastrutture, possibilità di operare in valute alternative al dollaro, finanziamenti e investimenti dal Sud globale.
Di recente, il Brasile ha firmato con Russia e Cina accordi stabili di cooperazione economica e finanziaria, segnalando chiaramente la volontà di costruire un asse Sud-Sud che superi il vecchio schema dipendente da Washington.
Inoltre, studi recenti mostrano che molti paesi (non solo in America Latina) cominciano a spostare i flussi commerciali e finanziari fuori dalle reti tradizionali dominati dal dollaro/Occidente, privilegiando sistemi alternativi (CIPS, nuove infrastrutture di pagamento, accordi bilaterali), proprio per evitare la vulnerabilità a sanzioni e pressioni esterne.
Questo doppio asse — ALBA per la dimensione sociale e politica, BRICS per quella economica e monetaria — costituisce una base reale per una strategia di sopravvivenza e autosufficienza dei paesi progressisti latinoamericani.
3. Le sfide strutturali: assedio, lawfare e fragilità interna
Per quanto promettente, la strategia non è priva di rischi. Esistono limiti strutturali e vulnerabilità reali:
- In molti paesi la pressione giudiziaria (lawfare) continua ad essere una leva potente contro leader e governi progressisti. Un paper molto recente sul caso venezuelano dimostra come interventi “di modernizzazione” della magistratura abbiano in realtà indebolito l’indipendenza giudiziaria in modo duraturo, consolidando un controllo politico sull’apparato giudiziario.
- L’economia della regione rimane fragile: studi su dollarizzazione, inflazione, vulnerabilità esterna mostrano che politiche domestiche — più che schemi monetari — determinano stabilità reali.
- Le pressioni esterne restano straordinarie: sanzioni, boicottaggi, blocchi diplomatici, campagne mediatiche, interventi indiretti continuano, anche con nuovi strumenti tecnologici e finanziari.
- All’interno della regione la frammentazione politica, le divisioni tra forze popolari, la debolezza istituzionale, la corruzione, la mancanza di coordinamento strategico — tutte queste sono debolezze che rischiano di compromettere la solidità del blocco progressista.
4. Scenari per il prossimo decennio: resistenza, trasformazione o restaurazione?
Partendo dalle dinamiche attuali, possiamo identificare tre scenari – non mutuamente esclusivi – per il futuro dell’America Latina progressista:
| Scenario | Caratteristiche | Probabilità / Fattori scatenanti |
| (A) Resistenza e consolidamento del blocco sud-sud | ALBA + BRICS + cooperazione multilaterale + politiche sociali + nuovi sistemi monetari finanziari | Alta, se i governi mantengono coesione, investimenti reali, autonomia da FMI/USA |
| (B) Resilienza parziale / adattamento misto | Alcuni paesi (es. Brasile, Messico, Venezuela) resistono; altri oscillano; frammentazione ma con zone “rosse” stabili | Media, con rischio di oscillazioni in base a crisi economiche esterne, pressione esterna, disorganizzazione interna |
| (C) Restaurazione neoliberista e rientro nell’egemonia occidentale | Governo di destra, aperture ai capitali globali, dipendenza economica, smantellamento delle conquiste sociali | Bassa-media: possibile dove la destra riesce a cooptare élite economiche e sfruttare crisi di consenso |
La mia valutazione, considerando le dinamiche geopolitiche attuali, assegna maggiore probabilità agli scenari (A) e (B). Lo scenario di restaurazione (C) resta possibile, ma solo dove la resilienza è debole, l’organizzazione scarsa e le pressioni esterne forti.
5. Conclusioni: verso un nuovo paradigma latinoamericano?
- L’idea che l’America Latina sia destinata a “ripassare al neoliberismo” per inerzia è oggi sbagliata: la regione è ancora in una fase di assedio, non di collasso.
- La combinazione di alleanze regionali (ALBA), blocchi economico-monetari alternativi (BRICS), cooperazione Sud-Sud, autonomia finanziaria e resistenza istituzionale offre una base concreta per un progetto politico di lungo termine.
- La crisi del dollaro, la crescente multipolarità, la competizione tra grandi potenze, rendono possibile una ridefinizione radicale degli equilibri globali — e l’America Latina può giocare un ruolo centrale non come pedina, ma come soggetto attivo.
- Tuttavia, non è automatico: la sopravvivenza e la trasformazione richiedono coerenza interna, strategia condivisa, unità popolare, riforme istituzionali reali, controllo della magistratura, protezione sociale, investimento produttivo, e una cultura politica radicata.
In altre parole: non basta “resistere al colpo”. Occorre costruire — dal basso, con intelligenza — un nuovo paradigma di emancipazione e sovranità.
Riflessioni finali per attivisti, intellettuali e movimenti
- I governi progressisti devono lavorare per rafforzare le istituzioni democratiche — non solo le sovrastrutture mediatiche, ma la giustizia, il diritto, l’economia — per evitare che il lawfare diventi lo strumento permanente di delegittimazione.
- È urgente investire in modelli economici alternativi: agricoltura sostenibile, industria nazionale, energie rinnovabili, servizi pubblici — riducendo dipendenze esterne e vulnerabilità.
- Le relazioni internazionali devono essere ridefinite in termini di solidarietà Sud-Sud, cooperazione multipolare, mutuo supporto: non basta accogliere capitali esteri, ci vuole un disegno strategico di sovranità.
- Cultura, educazione, formazione di una coscienza popolare critica: senza egemonia culturale, nessuna rivoluzione sociale avrà gambe lunghe.
- Movimenti, partiti, società civile devono costruire alleanze transnazionali, reti di solidarietà, piattaforme comuni — un “internazionalismo latinoamericano” che non sia solo retorica, ma pratica concreta.
